MARIO SGRO

Fondatore di Il Nuovo Mosaico 2023

Il papilloma virus e la vaccinazione

da | Apr 15, 2016

Il Papilloma virus o HPV è un virus che colpisce la specie umana da millenni. A metà degli anni settanta per la prima volta vennero individuati nel contesto di lesioni pre-tumorali della cervice uterina i coilociti, cellule patognomiche di infezione da HPV, ipotizzando per la prima volta la possibile associazione fra infezione da papillomavirus e il cancro della cervice uterina.

Harald zur Hausen e i suoi collaboratori isolarono per la prima volta il DNA dei papillomavirus tipo 16 e tipo 18 all’interno del cancro cervicale. Questa scoperta diede un importante contributo nell’individuare il ruolo causale dell’infezione da HPV nello sviluppo del cancro cervicale e valse ad Hausen, nel 2008, il Premio Nobel per la Medicina insieme ai due virologi F. Barrè-Sinoussi e L. Montagnier che isolarono invece il virus HIV.

Attualmente possiamo affermare che l’infezione da HPV è causa necessaria anche se non sufficiente per lo sviluppo del cancro del collo dell’utero in quanto in assenza di infezione non è possibile sviluppare la neoplasia ma la sola infezione non è sufficiente per l’insorgenza della malattia. Nella totalità delle neoplasie della cervice è possibile identificare l’infezione da HPV, in particolare il virus tipo 16 ed tipo 18 identificati nel 70% delle neoplasie della cervice. L’HPV infine si riscontra in quasi la totalità dei carcinomi anali e della vagina (88% e 70% rispettivamente), ed in circa la metà dei carcinomi della vulva, del pene e del tratto oro-faringeo (50%, 43% e 41% rispettivamente).

COS’E’ IL PAPILLOMAVIRUS:

I papillomavirus sono una famiglia molto numerosa: si contano circa 200 virus in natura e più di 80 infettano l’uomo.

Possiamo distinguere ceppi virali che tipicamente colpiscono la cute, detti a trofismo cutaneo, responsabili delle comuni verruche cutanee e ceppi virali che colpiscono invece le mucose, detti a trofismo mucoso. Le mucose coinvolte dall’infezione da papillomavirus sono quelle del tratto anogenitale maschile e femminile (in particolare la cervice uterina e l’ano) e, meno comunemente, del tratto orofaringeo e laringeo.

Questi ultimi virus sono distinti in:

virus a basso rischio, responsabili dei condilomi, come il 6 e l’11
virus ad alto rischio, responsabili del tumore al collo dell’utero, come il 16, il 18 ed il 31

COME SI TRASMETTE L’INFEZIONE DA HPV?

Nel caso dei virus che infettano le mucose, la trasmissione avviene per via sessuale, fra individui sia eterosessuali sia omosessuali. Pertanto sia l’uomo che la donna possono allo stesso tempo essere portatori asintomatici del virus e trasmettitori ai partner sessuali del virus stesso. La trasmissione può avvenire anche in caso di rapporti sessuali non completi in quanto il virus è presente non solo nelle mucose ma anche nella cute del tratto ano-genitale. Metodi di protezione di barriera, come il preservativo, non garantiscono pertanto completamente la prevenzione dall’infezione dal momento che non sono in grado di coprire interamente la superficie cutanea/mucosa potenzialmente infetta. Tuttavia l’utilizzo sistematico del condom è in grado di ridurre la possibilità di contrarre l’infezione da HPV. La trasmissione dell’infezione al partner può avvenire anche molti anni dopo rispetto a quando è stata contratta e pertanto la diagnosi di nuova infezione da HPV potrebbe non avere nulla a che fare con l’attuale partner sessuale. Certamente le abitudini sessuali dell’individuo influenzano la possibilità di contrarre l’infezione: l’inizio dell’attività sessuale in giovane età, la promiscuità, i contatti sessuali con categorie d’individui a rischio sono i principali fattori di rischio. Popolazione particolarmente a rischio inoltre è quella degli HIV positivi: in questa popolazione infatti l’HPV ha un’elevata prevalenza. In aggiunta, i soggetti sieropositivi, notoriamente immunocompromessi, hanno un rischio aumentato di sviluppare le lesioni HPV correlate, in particolare il cancro della cervice uterina.

E’ possibile anche una trasmissione verticale dell’infezione fra madre e figlio durante il parto. Donne con floride lesioni verrucose genitali dette condilomi presenti al parto potrebbero trasmettere l’HPV al nascituro. Questa trasmissione è responsabile della papillomatosi laringea, rara patologia di difficile trattamento. Tuttavia l’espletamento del parto mediante taglio cesareo è indicato solo in caso di lesioni molto estese. Il papillomavirus non si riscontra a livello dei liquidi biologici come sangue e latte materno escludendo quindi la possibilità di trasmissione tramite la placenta o durante l’allattamento. Quindi in caso di infezione da HPV in gravidanza non ci sono rischi per il bambino.

E’ verosimile anche una trasmissione indiretta del virus per mezzo di fomiti o vettori (asciugami); tuttavia questa forma di trasmissione risulta non confermata e certamente molto meno rilevante rispetto a quella sessuale.

FREQUENZA DELL’INFEZIONE DA HPV:

Il papillomavirus è un virus estremamente comune nella popolazione maschile e femminile.

La maggior parte delle donne nel mondo potrebbe contrarre l’infezione da papillomavirus almeno una volta nella vita, con un rischio di infezione stimato del 50-80%.

Considerando la sola popolazione femminile sessualmente attiva nel periodo di massima attività sessuale potremmo riscontrare l’infezione da HPV nel 40% delle donne.

L’andamento della frequenza di infezioni nelle popolazione femminile mondiale riconosce un picco più consistente nelle donne giovani (circa 25 anni) con una rapida caduta nelle decadi successive (30-40 anni).

Indipendentemente dall’età, è possibile la concomitante infezione di più tipi virali come, d’altro canto, lo sviluppo nel tempo di nuove infezioni causate da virotipi diversi.

L’infezione da HPV sembrerebbe essere molto comune anche nella popolazione maschile, sebbene sia stata meno studiata rispetto a quella femminile. La frequenza d’infezione da HPV nell’uomo rimane elevata in tutta la vita. Il maschio quindi non è solo bersaglio di malattia, ma anche importante serbatoio del virus.

COSA CAUSA L’INFEZIONE DA HPV?

L’HPV nella popolazione maschile e femminile è in grado di causare:

Lesioni asintomatiche o subcliniche
Lesioni benigne
Lesioni pretumorali a basso e ad alto grado
Lesioni tumorali
La maggior parte delle infezioni da HPV sia femminili che maschili risultano del tutto asintomatiche o subcliniche. L’infezione tende a risolversi spontaneamente nella maggior parte della popolazione colpita, circa il 70%, in un periodo compreso fra i 6 ed i 10 mesi in seguito allo sviluppo della risposta immunitaria dell’ospite contro il virus.

Le lesioni benigne conseguenza dell’infezione da papillomavirus sono i condilomi genitali: escrescenze cutanee o mucose a livello della cute perineale/anale ma anche della vagina e del collo dell’utero. Nella maggior parte di queste lesioni è possibile identificare i ceppi virali a basso rischio, soprattutto il 6 e l’11. I condilomi genitali sono estremamente comuni con un numero annuale di nuovi casi in Europa di circa 335.301 – 454.822 nuovi casi fra uomini e donne. Normalmente asintomatici, i condilomi possono causare prurito e dolore. I condilomi non danno progressione tumorale, sono facilmente trasmissibili e anch’essi possono regredire spontaneamente. Le forme più estese richiedono un trattamento medico o chirugico.

I papillomavirus, e in particolare gli HPV ad alto grado, sono responsabili anche di lesioni neoplastiche. Il tumore certamente più noto causato dal papillomavirus è il tumore del collo dell’utero. Tuttavia il virus, come già detto, è implicato anche nell’insorgenza di altre forme neoplastiche quali il carcinoma dell’ano, della vagina, del pene, della vulva e del tratto orofaringeo. Queste ultime neoplasie sono certamente meno frequenti e meno studiate rispetto al carcinoma della cervice.

Nel caso del carcinoma della vagina, della vulva e del carcinoma del pene sono riconosciute lesioni pre-tumorali causate da HPV, precursori della forma neoplastica invasiva, definite rispettivamente VAIN, VIN e PIN. L’età media di insorgenza di queste forme neoplastiche è attorno ai 50 anni, con eccezione del carcinoma anale nell’uomo che insorge spesso fra i 20 ed i 40 anni, in particolare in individui omosessuali affetti da HIV.

Complessivamente queste neoplasie sono rare ma la loro incidenza sta conoscendo una progressiva crescita negli ultimi anni aprendo il dibattito circa la possibilità di estendere la vaccinazione contro HPV sia alla popolazione a rischio (omosessuali, HIV positivi) sia all’intera popolazione maschile.

HPV E TUMORE DEL COLLO DELL’UTERO:

L’80% delle donne che contraggono l’infezione da HPV elimina completamente l’infezione dopo 18 mesi circa. Solo una minoranza delle donne infette, circa il 10-15%, non sviluppa un’adeguata riposta immunitaria contro il virus; questa condizione porta allo sviluppo di infezioni persistenti. Donne quindi che sviluppano infezioni virali persistenti da virus ad alto rischio (come ad esempio il 16 ed il 18) hanno un’elevata probabilità di sviluppare lesioni pre-neoplastiche a basso e ad alto grado, ed infine, il carcinoma della cervice. Tuttavia anche le lesioni pre-neoplastiche spesso regrediscono spontaneamente nel tempo, con percentuale variabile a seconda del grado di displasia.

La potenziale evoluzione dell’infezione da HPV dipende in parte dal tipo di virus responsabile dell’infezione e in parte dall’equilibrio che s’instaura nell’individuo infetto fra le sue difese immunitarie ed il virus. La progressione clinica delle lesioni in carcinoma richiede anni. Infatti il tumore del collo dell’utero ha un’età media di insorgenza attorno ai 50 anni mentre la maggior parte delle lesioni displastiche ad alto grado lo si riscontra nelle donne attorno ai 28 anni.

Fattori di rischio noti per lo sviluppo di forme invasive nelle persone infette da HPV sono il fumo di tabacco, la promiscuità sessuale e la concomitante presenza di infezioni sessualmente trasmesse, in particolare l’HIV. Ancora dibattuto è il ruolo dei contraccettivi orali come possibili fattori di rischio per lo sviluppo del cancro del collo dell’utero, data la forte associazione spesso presente fra assunzione di contraccettivi e promiscuità sessuale.

In Italia si stimano circa 3500 nuovi casi all’anno di cervico-carcinoma e circa 1100 decessi per tale patologia, facendo del tumore del collo dell’utero la quarta neoplasia femminile dopo il tumore della mammella, del colon-retto e del polmone. Rappresenta il 5% di tutte le neoplasie nella donna. Nei paesi in via di sviluppo invece, dove i programmi di screening trovano scarsa applicazione, il carcinoma della cervice rappresenta il secondo tumore della popolazione femminile, dopo il carcinoma mammario, con circa 500.000 nuovi casi/anno e 250.000 decessi/anno.

TERAPIA E PREVENZIONE:

Attualmente non esiste alcuna terapia per l’infezione da HPV. E’ possibile invece trattare le lesioni provocate dal papillomavirus identificate con i programmi di screening (Pap test). Nelle nostre realtà infatti, dove i programmi di screening con Pap test/HPV test coprono circa l’82% della popolazione sensibile, la maggior parte delle neoplasie vengono diagnosticate in una fase molto iniziale con una concreta aspettativa di cura e di guarigione. L’obiettivo dei programmi di screening è quello di individuare il numero maggiore di lesioni displastiche a basso grado e ad alto grado, reali precursori del carcinoma della cervice.

Per quanto riguarda la prevenzione dell’infezione, essa è molto difficile data l’elevata diffusione nella popolazione del virus, la sua facile trasmissibilità e l’elevata frequenza di forme asintomatiche o paucisintomatiche.

L’unica strategia preventiva risultata di grande efficacia è il vaccino. Due sono i principali vaccini attualmente in commercio: Cervarix e Gardasil. Il primo induce immunità contro i virus 16 e 18, il secondo anche contro i virus 6 ed 11. La vaccinazione prevede la somministrazione del vaccino intramuscolo per due/tre volte a distanza di due-tre e sei mesi a seconda del vaccino utilizzato. Per entrambi i vaccini è stata dimostrato il 100% di efficacia contro le infezioni persistenti da HPV 16 e 18 ed il 100% di efficacia nella prevenzione dei condilomi genitali. Hanno una buona sicurezza e tollerabilità, pochi effetti collaterali e di scarsa rilevanza clinica (dolorabilità nella sede di iniezione, ipersensibilità ai componenti), ottima efficacia immunitaria a lungo termine (al momento non si è evidenziata necessità di effettuare richiami). Per i casi di carcinoma causati da altri ceppi virali il vaccino si è dimostrato solo parzialmente efficace offrendo solo un minimo grado di protezione verso gli altri virotipi. Fondamentale pertanto è l’adesione ai programmi di screening, mediante Pap-test, anche nelle donne vaccinate.

In tutte le Regioni italiane dal 2008 è partita la campagna di vaccinazione gratuita per le ragazze nel 12° anno di vita. In molte Regioni inoltre sono state coinvolte nella campagna vaccinale anche ragazze di altre fasce d’età.

Molti sono ancora i problemi aperti circa la vaccinazione contro l’HPV. Si pensi che in Italia la campagna vaccinale si rivolge solo ad una popolazione target: quella femminile in età adolescenziale prima che si ritenga che sia avvenuto un contatto sessuale. Non si è ancora considerato opportuno estendere la vaccinazione al sesso maschile nonostante le patologie neoplastiche maschili siano un 1/3 di tutta la patologia HPV correlata. Inoltre, i soggetti di sesso maschile rappresentano un importante serbatoio di infezione. Sicuramente l’estensione della vaccinazione anche all’uomo porterebbe ad una maggiore copertura e protezione dall’infezione da HPV sia nelle donne già vaccinate sia soprattutto in quelle non vaccinate.

Altro problema di dibattito scientifico è l’utilità del vaccino nelle donne che hanno già avuto rapporti sessuali e nelle donne che hanno già contratto l’infezione da HPV. Sicuramente il vaccino effettuato in questa popolazione comporterebbe comunque un vantaggio nella prevenzione dell’infezione ad opera dei ceppi presenti nel vaccino scelto, anche se l’efficacia sembrerebbe essere minore sia per l’elevata possibilità di aver già incontrato il virus sia perché il vaccino sembrerebbe meno efficace all’aumentare dell’età.

“articolo pubblicato su “Rotary Noi” n.56

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