MARIO SGRO

Fondatore di Il Nuovo Mosaico 2023

Chi sono e cosa fanno i fisioterapisti

Chi sono e cosa fanno i fisioterapisti

da | Apr 25, 2018

Chi sono e cosa fanno i fisioterapisti?La fisioterapia è una pratica sanitaria relativamente recente nel nostro paese, anche se ha origini molto più radicate negli altri paesi europei e americani.
La ginnastica terapeutica fu introdotta in maniera sistematica e scientifica dal medico francese Clément Joseph Tissot (1780) nel trattamento delle patologie ortopediche e chirurgiche. In Svezia qualche anno più tardi Per Henrik Ling, fondò il Royal Central Institute of Gymnastics (1813) con lo scopo di insegnare ai fisioterapisti le manipolazioni e gli esercizi terapeutici.
La “Chartered Society of Physiotherapy” nel Regno Unito fu fondata da quattro infermiere nel 1894.
In Norvegia Il dott. J. Mennell iniziò ad insegnare le tecniche ai fisioterapisti nel 1907 e scrisse il suo libro di testo nel 1917 con il titolo “Physical Treatment by Movement & Massage“.
Qualche anno più tardi 1921 fu istituita negli Stati Uniti la prima associazione di fisioterapiste con il nome di “American Women’s Physical Therapeutic Association” che un anno più tardi cambiò la denominazione con “American Physiotherapy Association” e furono ammessi anche gli uomini.

Ma fu con l’avvento della seconda guerra mondiale e l’epidemia di poliomielite negli anni ’40 e ’50, che i fisioterapisti furono richiesti più che mai. In Italia però questa professione fu inizialmente professata dai massofisioterapisti e solo nei primi anni 70 alcune università e grandi ospedali istituirono le prime scuole accreditate per la formazione dei “Terapisti della Riabilitazione”. Bisogna attendere ai primi anni 90 (grazie alle continue sollecitazioni da parte della Comunità Europea ai vari governi italiani) per introdurre il termine corretto di “Fisioterapisti” e istituire il Corso di Laurea triennale per le professioni sanitarie (Legge

251/2000) (180 Crediti formativi) a cui seguirà quello della Laurea Magistrale (2aa e 120 Crediti formativi), i Master universitari (1aa e 60 Crediti formativi) e il Dottorato di ricerca (2 aa e 120 Crediti formativi). Notizia attuale è l’istituzione dell’Albo per le professioni sanitarie riabilitative pubblicate sulla GU del 13-03-2018.
Con questo percorso formativo nell’ambito della Riabilitazione, vengono abolite le figure dei massofisioterapisti, ovvero gli operatori ausiliari di area sanitaria in quanto questa figura non è riconducibile alle professioni sanitarie stilate dal Ministero della Salute già esistenti (D.M. 14.09.1994, n. 741) e i Laureati in Scienze Motorie (ex-ISEF). Il Senato difatti ha approvato in via definitiva il Ddl 572-B che stabilisce l’abolizione dell’equipollenza tra Fisioterapia e Scienze motorie. I laureati in Scienze motorie che vorranno esercitare la professione di fisioterapista dovranno avere l’apposita laurea.

Cosa fanno?

Attualmente i dottori in fisioterapia (DM 270/2004) svolgono, con titolarità e autonomia professionale, attività terapeutiche dirette alla prevenzione, cura e riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze professionali. Oltre a queste attività sono previste anche quelle di Docenza in ambito universitario, ma a differenza degli altri paesi europei e americani, su 85 atenei italiani solo 7 fisioterapisti sono inquadrati come professori di prima e seconda fascia.
In ambito di prevenzione e cura si occupano della riabilitazione cardiopolmonare (infarti al miocardio, scompensi cardiaci, edemi ed enfisemi polmonari, BPCO, ecc), neurologica (ictus, traumi cranici, Parkinson, Alzheimer, ecc), ortopedica (esiti di fratture e riparazioni chirurgiche di legamenti e tendini, ecc), pediatrica, geriatrica con lo scopo di ripristinare e garantire quando possibile le migliori condizioni fisiche, psicologiche e sociali. Queste attività riabilitative nel post-acuto vengono svolte soprattutto in Centri Ospedalieri o in Istituti Riabilitativi accreditati quali gli ICSMaugeri-IRCCS, mentre i pazienti con problematiche croniche vengono trattati in ambulatori pubblici o privati.

Anche la prevenzione delle patologie muscolo-scheletriche correlate al lavoro sono diventate da alcuni anni oggetto di crescente attenzione da parte dei fisioterapisti. In molti compiti occupazionali i movimenti ripetuti periodicamente (basti pensare alle linee di assemblaggio nelle industrie), così come le prolungate e scorrette posture assunte durante le mansioni d’ufficio (ma anche già durante il periodo scolastico) sottopongono la persona a sforzi fisici rilevanti.

L’approccio ergonomico si prefigge di fornire gli strumenti per individuare i principali fattori di rischio per l’insorgenza di disturbi o di malattie professionali e i criteri utili a garantire un miglior benessere lavorativo (e scolastico) in sicurezza, con benefici importanti per il clima aziendale, in considerazione anche degli obblighi normativi specifici, quali il Testo Unico sulla Sicurezza e Salute nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008).
Altre competenze dei fisioterapisti sono l’utilizzo di terapie fisiche e di terapie manuali per il trattamento dello stato infiammatorio o doloroso nei disturbi muscolo-scheletrici.
La terapia manuale è una metodica che prevede l’utilizzo delle mani (hands-on) sul corpo del paziente allo scopo di valutare e trattare una varietà di sintomi e condizioni. La terapia manuale è usata da fisioterapisti e da altre figure come chiropratici e osteopati (quest’ultime non ancora riconosciute ufficialmente dalla medicina tradizionale ma solo nella medicina alternativa e complementare).
Si compone di diverse tecniche dalle semplici mobilizzazioni articolari e dei tessuti molli alle manipolazioni vertebrali.
In considerazione della quantità di modalità terapeutiche (manuali e strumentali) occorre però prestare attenzione a quelle che vengono proposte dai vari professionisti. La letteratura scientifica internazionale consiglia di seguire le indicazioni fornite dall’Evidence Based Rehabilitation-EBR ovvero l’uso coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori e più aggiornate prove di efficacia per prendere decisioni sulla cura dei pazienti. Applicare l’approccio EBP significa integrare l’esperienza clinica con la migliore evidenza scientifica disponibile, reperita attraverso l’informazione biomedica.

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